P O E S I A
NISIDA
Sconosciuta Nisida, sacerdotessa del male
misteriosa, imprendibile, diabolicamente angelica
dimmi ti prego: chi sei?
Fai parte del mio mondo mortale
o ti ha partorito la mia immaginazione?
Sei una creatura di carne e ossa
oppure un’entità figlia di magia e misteri?
Ogni notte ed alla stessa ora
puntuale mi rapisci col tuo campo magnetico
invisibile alone che dà piacere e uccide
e mi traforma in alieno uguale a te
estrema lotta fra carne e spirito
drammatico calvario di orgasmi e morte.
Ti scongiuro Nisida
svelami il tuo complicatissimo enigma
e rivelami se è donna o fantasma
colei che di notte fa l’amore con me.
Amabile folle creatura
da quale mondo vieni?
che poteri hai?
che specie di demone sei? Mi leggi la mente, oltrepassi i pensieri.
Non ho paura di te, sai: tu sei tutto quello che io sono
ma le conseguenze di questa tua presenza in me
non sono in grado di controllarle, potrebbero essere devastanti.
Io so da sempre
di non essere normale
legato da un cordone ombelicale alla solitudine
perso nei labirinti dell’angoscia
sospeso tra le forze del bene e quelle del male
aggrappato solo all’arte ed alla sua creatività.
Ma tu inafferrabile Nisida disegni il mio destino
sei una lama affondata nella mia carne che non trasmette dolore
una voce lunare che mi guida la mente come un sesto senso
ed hai disintegrato ogni equilibrio
ormai sono folle più dei folli.
E’ tempo di portarmi con te, seducente Nisida
questo mondo non è più per me
la mia anima è troppo inquieta e gitana per rimanere ancora,
ho conosciuto solo tenebre
ora voglio entrare nella luce.
LACRIME D’ARDESIA
Una bruna landa
Trafitta da aghi verde-spento.
Sopra dense nubi pendono basse;
immote, opprimenti con il loro grigiore.
Nella plumbea ombra del mio albero
Dalle foglie color del giaietto
Seggo.
Sondo l’orizzonte;
custodisce la nera voragine.
Sol essa m’affascina.
Sotto le palpebre, ribolle d’enigmi di vermiglio.
Del suo vuoto oscuro, si empie l’anima.
Ma è lontana.
-il mio tronco è riarso solo alla base –
Sebbene pur sempre incombente.
I miei lineamenti,
-raggelati dal dubbio-
Le mie membra,
-contratte dalla costernazione-
Attendono il vento;
poiché i suoi dardi
devasteranno l’immobilità
e libereranno il fulgore,
il sole.
Tutto brillerà
Percosso da riverberi;
-immaginifiche distrazioni-
M’accecheranno.
-Come tutte le altre volte.-
Frattanto, piango lacrime d’ardesia.
ESSENZA DI TE
Dell’iridi tue
Ho tinto un lago,
e dal fondo delle sue acque
respirando di te l’essenza,
ho contemplato
i fulgori dell’oscura notte.
Li ho sussurrati al mattino,
con la pelle immersa
nel sole
ed i sensi adagiati
nell’ombra dell’animo tuo,
come mai avrei potuto
se solo.
Ora,
come io artista e tu estro,
carpisci note alla spuma e alla rugiada
ed al vento
la nostra poesia
canta!
MANTO DI TENEBRA
Ama il mare
L’immane sua armonia
Frangersi in spuma
Nella maestosità
della scogliera
Ch’ama a sua volta
La solenne sua immobilità
Dissolversi in riverbero
Nelle danze eteree
Dell’acqua.
Così
Ella ama la sua ignea luce
Avvolta dal manto di tenebra di lui,
Egli ama la sua oscurità
Stracciata dai guizzi di fulgore di lei,
Ciascuno nell’iridi dell’altro.
OSCURO ENIGMA
Avvolto l’istinto
da un manto di mestizia
-imprimendo nella neve orme d’onice-
respiro un’arida ibernazione
fra montagne canute.
Squassato il pensiero
da fitte schiere
di lividi tassi e spogli gelsi,
vano m’arranco
per una forra ove gemere
all’insaputa della selva.
Incatenati i sensi
da esperidi coriacee
a riverberi sparuti d’un fiume sibilante,
madido di foschia
mi struggo ammirando nel vespro
l’oscuro enigma
-effimero-
costellato di fulgori criptici.
Ma nell’unica lacrima
serbo il ricordo
d’un ibis tinta
d’ostro giulivo
che con sguardo di lince
sonda ogni orizzonte,
carpendo della meraviglia la purezza.
Così dell’essenza
-che anche solo a percepire
spesso s’anela-
ella rifulge.
IMMENSITA’ INDEFINITE
Volle il caso che quella sera
Una nube d’ovatta azzurra evaporasse
Da immensità indefinite
A titillare soave il roseo cielo.
Della sua serenità quel gigante
Inondava il tutto
Che al di sotto gli voltava le spalle,
Riarso dalla sua decadenza.
Mirabile spettacolo
Nei meandri più foschi dell’essere mio
S’insinuò;
Violento
Fra le effusioni dell’istinto ed i bagliori dell’emozione
Cercò la ragione,
Volle destarla.
Così io compresi la mia beatitudine,
Scovandola
E poi rimirandola
In una fausta sera estiva.
INCANDESCENTE
Ad un arido aggallato
S’abbandona.
Iris vividi o giunchi fausti
-Acidi come uno spillo di luce irriverente
Diritto negli occhi-
Talvolta l’accarezzano.
Del silenzio non teme più
Gli echi,
dell’oscurità non agogna più
le ombre.
Giunge così all’orizzonte,
rincorrendo il tramonto;
si getta
divampando incandescente
in un’eruzione di fulgore.
Grida la commozione,
Piange la gioia,
Fa l’amore con la morte.
– S’estingue nel mare
Che di vita
Vibra.-
SORDIDI LAMENTI
Sotto betulle
torbide lacrime
sordidi lamenti
d’un pavone a cui
gli sfolgorii delle piume
l’impervia selva
eclissa.
FRANTUMAZIONE
Della burrasca di vermiglio
E delle sue magnifiche folgori
Solo indugiano esauste perle
Sul lacero perpetuino.
Segue l’eliotropio
Il fulgido splendore;
ma non il fiammante Apollo,
non il Sole.
Si schiude il mirabile fiore
Alla nera ombra;
non all’estatica Selene,
non alla Luna.
Allora nella placida aurora.
(“Frantumata in lacrime l’illusione, nel silenzio della solitudine sento forte la tua presenza;
Il mio demone mi ha lanciato contro un boomerang ma la mia fede è cresciuta.
So che piangere significa ritrovarsi, glorificare Dio non più il mio io.
Guardo avanti e scendendo nelle acque battesimali
rinasco in Cristo Gesù come una sua nuova creatura,
il male appartiene ormai al mio passato:
È cancellato e vinto, frantumato!”).
ECHI ANCESTRALI
Una radura imperlata
Di luce
Soffonde in echi ancestrali
Di grandine
Un sogno screziato
Di malinconia;
Ciò che è stato
Di consapevolezza
S’inebria.
FOGLIAME DI SANGUE
-Fogliame di sangue
Macerato graffia
E spiana lercio sentiero
Entro faggi di pece-
Lì giace abietto
essere scialbo
per le bieche percosse
nei suoi tardivi fremiti.
-Ma scroscerà
Rugiada d’onice
Ed irromperà ogni tinta
vivida nel viluppo dell’ombra.-
Nell’iridi vitree sfolgorio
d’ardesia l’incita al primo
indomito vacillare;
egli correrà allora
reiterando la vita
tra spine di rose
superbe
ruggendo lacrime.
PULSA…LA VITA
Nei celati orizzonti
Incede gelido il vento
Lontano coi neri nembi.
A fiotti da sprazzi d’azzurro
Floridi imperlano i raggi
d’ambra i prati rinnovati.
Lassi e sparuti solo
gli arbusti straziati e tremanti
ancor pulsano di vita
aspettando
della primavera l’arancio e il vermiglio.
SOLE SPENTO
S’è spento il sole
nell’orizzonte
Vibra il mare e
brilla d’oscurità
com’ogni tuo sguardo.
SILENZIO CREPUSCOLARE
Prese l’iridi
Dal silenzio crepuscolare
Nell’essere m’inabisso
Come amanti di fiamma tremanti
Brucianti dinanzi all’oceano
In burrasca.
Così l’avverto
Sole d’onice
Fatua palpitare;
la vita.
FOLGORI
Ci sono macchie scure, zone d’ombra che anziché scacciare ho alimentato,
Che non riesco ad estirpare mai dal mio io: frutti cattivi d’un albero buono,
Enigmi interiori della mia mente, sempre invasa da concupiscenti tentazioni demoniache,
Carnali follie indecifrabili radicate in me sin dalla nascita:
Perdonami mamma!
Se non son riuscito ad essere ciò che volevi,
Per non aver saputo vivere una vita normale: una falsa libertà mi rendeva schiavo.
Ora che tu non sei più capisco che l’unica ragione della tua vita ero io
Le tue parole scuotono la mia anima
Come folgori nella notte, ho sfigurato la bellezza dell’anima scandalizzando i miei occhi;
Rimane il rimpianto di non averti ascoltata e il doloroso esame d’un passato ingolfato di sbagli.
Ma vi è un’unica grande consolazione dopo la tua morte, segno di vittoria:
L’imbattibile tempio di Satana fatto di lussuriose immagini oscene,
Eretto in segreto a casa mia, ora brucia nel fuoco, umiliato ed impotente,
Ridotto in cenere, trasformato in sporcizia e spazzatura.
Quel maledetto perverso gene ereditato da mio padre,
È ancora presente in me,
Ma la potenza di Dio lo ha reso innocuo ed inefficace
Trasformandolo, dopo un lungo e progressivo periodo di purificazione nel mio spirito,
In in uno strumento di gloria per questa vita e per quella eterna.
Casa mia, prima piena zeppo di figure oscene,
Ora, completamente ripulita, è ricca di angeli ed immagini sacre,
Diventata un luogo di preghiera per gli altri e per me stesso
Da solo e in comunione con i fratelli
Mettendo a disposizione di tutti
Il dono carismatico che il Padre Celeste mi ha dato.
VITA SU MORTE
Rosei petali
sparsi
su
riverberi
oro
e porpora
d’un
brillante sole,
laggiù
in una
pozzanghera
di cieco
cemento.
FOSSI CUPI
Limpide allietava il sole
Rose cremisi d’assurdo splendore
E Zefiro fra petali di mille viole
Danzava coi gigli in spirali di candore.
Ma d’un tratto scese l’ombra
Sui prati rossi.
Nera nube spense ogni ambra
Nel buio di cupi fossi.
Sbiadita ogni tinta
Si staglia unico al di là del monte
Linea cieca e muta
Di morte e dubbio l’orizzonte.
Invasa la terra e ogni umano essere vagante
Da un esercito di demoni in azione
Specializzato ciascuno dei quali e operante
Nel proprio campo di tentazione.
Più forte dai cupi fossi essa si alzerà
Verso chi nel cammin di fede dal peccato sembra distante,
Difficile preda più ambita sarà:
L’acqua santa in diabolico veleno mutamento devastante!
PERLE DI CANDORE
Fiammante il fulgido Sole
Con sfolgoranti gigli di fulgore
Nell’immane mare sino alla sponda sparge
Sentiero di luce che arde
Fra un miliardo di sguardi frementi
Corrucciati, bruciati, accecati
All’orizzonte rivolti
Bimbo nella spuma s’immerge
S’abbaglia di sorriso che splende
Carpendo coppa traboccante perle di candore
Con due mani Sole.
PROFONDITA’
Sorrisi Di Perla
Lacrime D’onice
Grida Di Smeraldo
Passioni Di Rubino
Cosa n’ode il mare?
Uguali, soavi e mille
Su profondità diafane
Del suo volto benigno
Solo
Mormorii d’Onda
Ombre di Spuma
Gigli di Fulgore
Ode il mare.
IL CARILLON DEL DOLORE
Culla Sporca Di Sperma
Strilla In Silenzio
Ma Ancora Sussurra
Melodie Di Velluto
Il Carillon.
MACHERA DI CRISTALLO
Chiudete il sipario
lo spettacolo volge alla fine
ormai stanco l’artista
sfinito si ritira
nel suo camerino.
Nel pubblico cercava
una luce
lo sguardo della sua ballerina
ma vana è la ricerca
lei danza
persa nel nulla.
Lo spettacolo impassibile
ricomincia:
“Ridi, ridi…
vivi, interpreta… sogna!”
Ci sarà
ancora una commedia
e come sempre tu sarai
l’incompreso protagonista,
al di là di te stesso
dietro maschera di cristallo
oltre ipocrite finzioni,
una smorfia di gelo.
Dolce e incantevole
l’illusione
malata
e tu sei inconsapevole maestro
regista
e attore.
LASSU’…OLTRE LE NUVOLE
Venne il vento
e portò via
i suoi ricordi,
in un alito
li rapì trascinandoli
senza darle spiegazione alcuna.
Leggeri
fluttuavano
nel cielo,
liberi
finalmente
di volare,
da soli
non più reali
senza vincoli.
Un sorriso rubato
un amore mai scordato
una passione
il dolce tocco di un bambino!
Volarono insieme
lassù
oltre le nuvole
oltre il blu.
Raggiunsero
mete da tanto sognate
per vivere ancora una volta nel cuore
di chi li aveva perduti.
ANIME MUTE
Solo ti perdo
In pensieri offuscati
Da nebbie indistinte
Attimi scappati
Da un destino non svelato
La tristezza t’invade
Come un’onda alta e potente
Che non lascia scampo
Tu piccola donna
Puntino nell’universo
Di anime indistinte
Di volti non definiti
Granello di sabbia
Sulla riva
Di un mare
Di corpi informi
Di anime lacerate
In un attimo
Da anni e anni
Di odio
Di vendetta
Di tragedie
Accumulati
Gli uni sugli altri
Anime mute
Stanno lì
In silenzio
Ad ascoltare
La speranza
Di un domani
Di un giorno nuovo
Di una nuova luce
Che rischiari il cammino
Una luce accecante
Bagliore d’amore
E fratellanza
Luce di tolleranza
Luce di pace
Che rischiari la speranza
Di una vita migliore
Di raggiungere la riva
Della salvezza.
GRIGIO ACQUARELLO
Pioggia sul selciato
colori indistinti
anime bagnate.
Delicatissimo
fruscio.
Sembra del pittore
il pennello che:
leggero dipinge
grigio acquarello.
Frusciare lento:
come seta
antica.
Leggero andare.
Semplicemente:
Piove.
MAGIE D’AUTUNNO
Quando le foglie
si preparano a morire
regalando:
non un’agonia
ma un tripudio di colori
il cuore immalinconisce.
Si sente andar via
rubare dall’età
offuscare dai ricordi.
Come le foglie
mescola colori.
L’oro: è l’amore.
L’argento: la sua età.
Il rosso: la sua vita.
Il verde: il suo prato di speranze
Questa è la magia.
Un bosco d’autunno
colorato.
Non è agonia.
di un cuore
ancora innamorato
di questa vita stanca.
LA TELA DELLE TRE SORELLE
Tre sorelle
tessono una tela.
Buio:sorregge il filo
Notte:tesse lesta
Orrore:cuce.
Grido, per tornare
quello che ero.
Nessuno ode.
Il silenzio tace.
Mi avvolge scuro
quasi maligno.
La tela è pronta:
sudario destinato
a una parola.
Deve morire:
il suo sepolcro
è pronto.
Solo la mia dolcissima Asia
può riaprire
il vaso.
Far uscir speranza.
Corri Asia corri
del tempo mi puoi
ancora regalare.
Il Vento
non lo voglio
ancora seppellire!
LA SCALA DEL TEMPO
Vecchie scale
consumate da secoli
di passi mi portano
alla finestra dove
stavo affacciato
da bambino.
Son passati anni
anni ed ancora anni!
e ti ritrovo qui
fedele,
polverosa
ma sempre amica.
Come sdraiato
su di un’antica e spettrale
sedia a dondolo.
man mano
crescevo
osservando il mondo
con occhi sempre nuovi.
Com’era bello
il paesaggio:
dolce brughiera
un pò nebbiosa.
ed io li, incantato
a guardare.
Anche ora mi affaccio.
Ritrovo quella voglia
d’un tempo.
che sembra
improvvisamente esumarsi.
Il vecchio ulivo,
sempre più grande,
ora mi sta salutando.
Lui mi riconosce ancora.
Eppure quanto
son cambiato da allora.
Scende piano
l’autunno
sui miei anni!
Come scende dolce
serena in fondo alla mia anima
la sera!
Ora devo, devo, devo
andare,
là dove tutto mi è straniero
il futuro nebuloso e incerto
la vecchiaia opprimente ed imminente.
Ma un giorno
un giorno forse tornerò
e quando ciò accadrà
chissà
se mi riconoscerai
ancora!
Chissà
se nel bianco dei miei capelli
e nella stanchezza delle mie rughe,
saprai captare nuovamente
gli occhi di me bambino.
SUSSURRI E POESIA
Liquide note
virtuose:
nell’aria spandono
voce melodiosa
di questo pianoforte.
Si confondono
col silenzio
danzando tra
i cristalli
del lampadario.
Sospese nei pensieri
si rincorrono
tra felicità e tristezza.
Pianissimo…………..
Ecco l’andante .
Sussurri e poesia.
Sull’ultima nota
s’incanta il silenzio.
VAI
Solchi l’acqua
Maestosa.
Tuo il mare
che succube
ti abbraccia
frusciante sussurra.
Ora vai,
non indugiare oltre
forte e sicura.
verso orizzonti
con nuovi arcobaleni.
La tua forza
dammi
prendimi come polena:
con te conoscerò
il sapore amaro del mare.
Oltre l’orizzonte
sparirò con te
coperto di sale.
TEMPESTA SPETTRALE
Passione
risplende
nel miraglio della lussuria
come fuoco
che arde
vane emozioni.
Frammenti rosso rubino
riflettono
il femmineo profilo
di suadente fascino
alchimia di incanto e fertilità.
Ricordo effimero
di perduto amore
volteggia
come foglia
al gelido vento
per poi svanire
in un anelito
di vivo sentimento.
offuscati i nostri lumi
dentro di noi saette
come serpi di una tempesta imminente
ritardata dal vento
strisciante dei nostri
mille brevi baci
e taci, taci…
pulsa parole e brama la mente
di voglia ossessiva
stropiccia d’arancia la pelle
e piega le gambe debolmente
ad ogni graffio
ad ogni morso
ad ogni soffio…
una cerniera lampo
scivola lenta in verticale
giù fino all’osso sacro
sinuosa sbaraglia il campo
come un freddo bisturi
la tua colonna vertebrale…
fa’ piano ché dentro di noi
la tempesta in corso
la diplomazia dei gesti
è all’erta per dilungare
questa lotta eterea
in questa notte eterna…
lesto sulle tue labbra
soave sul tuo neo
ti guardo cedere dolcemente
t’accarezzo da brividi il collo
e m’arrampico tra le tue valli…
ti adoro inginocchiato e fedele
bacio il tuo letto a mani tese
guanto d’ansia e di finta quiete
assorbito dal tuo incenso
frustato dalle tue catene
e ingoiato dalla forca…
frutto di mare
libertà e male
ti mangio crudo
sei il bisogno
sei vizio
sei sazietà animale
in questo lampo notturno
sei tempesta spettrale.
COMPLICE ARMONIA
Visi sconosciuti
dipinti sull’identica tela
nell’attesa di un sogno,
arrivano a percepire la vibrazione
di somiglianze ancestrali,
scoprendo gli occhi
a disegnare fuggevoli
momenti di serenità dell’anima.
Divisi da terre lontane
affiora il desiderio
di sentire le voci,
di sfiorare attimi di complice armonia
per nutrire lo stupore
che avvicina le emozioni più profonde.
Così, gemelli nel respiro,
camminando mano nella mano,
compagni d’avventura
del destino incantato,
una cascata di luce
inonderà l’intima passione
di una carezza al chiaro di luna.
Sarà la gioia di un incontro.
Per un lunghissimo istante…
che apparirà vicino all’infinito
in cui equilibrio e grazia,
liberando i sensi più puri,
concederanno il privilegio
di abitare lo stesso mondo.
IL CANTO DEL CIGNO
Vivide gocce rincorrono
immagini sbiadite nell’ombra;
drappi neri s’inseguono
nel cielo di lucida pioggia.
S’incammina la sera
e i tratti del mondo
scolora.
Bruciano nuvole torbide
– stordite, infiammate –
al canto del cigno
solista del sole.
Con lingua di fuoco
le afferra, dilaga,
si scioglie, le invade.
È un incendio sommerso
d’oro e piombo colati
– fusi l’uno nell’altro –
abbracciati.
Il cielo s’inebria,
svanisce la terra…
ESTASI ANTICHE
Quando il tempo era vivo
e potevi toccarlo
con dita profumate di bimba
non respirando ancora
quel suo aroma amaro,
quando poi ti baciò
fra i capelli e sulla pelle
facendoti donna,
facendoti dea
di giovinezza immortale,
lì ero io
come un veliero
sospeso sopra il mare,
uno squarcio ferito di vento
che scioglieva il dolore
a ricordarti chi ero
al di fuori di te,
immerso di carne e di sangue
a coprire il silenzio del tuo segreto..
E di ogni cosa sentisti finalmente il sapore.
Mi sfiorasti, vaga e indistinta
– visione intatta dell’anima –
pietra, raggio di luce e follia:
linfa dolce dalle vene,
dubbio aperto fra le cosce,
la percezione incerta di esistere
in bilico sul filo, per amare.
in estasi fuggevoli di nulla
a dissetarci coi nostri corpi mortali
e le nostre anime divine
ancora e poi ancora…
ABISSI SENZA SCAMPO
Arrenditi fra le mie braccia fragili
scivola piano ai bordi del mio cuore;
io ti ho dispersa ormai tra mille angoli
e nevica un silenzio che assassina…
Assolvimi per questo cielo inutile
– pieno di voli e abissi senza scampo-
ricorda che bellezza non perdona:
svicola serpe in fondo ai desideri.
E quel che è stato è cibo per i cani
– ruvido istinto che incatena ai limiti –
volgi lo sguardo, la tua strada è libera:
assolo e dissonanza ancora tiepidi…
Tutto mi tace intorno come l’ombra
del mondo che si allunga sulla via.
Gli occhi di un cieco tu li hai mai guardati?
Sono rivolti al sogno che non muta.
Conta solo il respiro, mentre il tempo
ignaro arresta il passo sulla soglia;
nevica adesso e ormai si è fatto tardi…
La parola, soltanto, gronda sangue.
IO RESPIRO
Era l’istante immobile, stremato
sugli occhi nudi e visionari
dell’aurora.
Raccolsi l’erba e chiusi il pugno
a trattenerlo,
ma fu l’errore a tradirmi
e sciolse il pianto.
Credo all’idea,
al sogno fatto carne
che mi fu spina
a crescermi nel cuore.
Fiore non schiude
se neghi pioggia al cielo
e nell’istante fermo, adesso,
io respiro.
SCHIAVA DELLA CARNE
Donna
che sei padrona di niente,
schiava della carne
spezza per me queste catene
rimescola il mio sangue
alla sabbia del deserto
trasfondi il tuo – piacere!-
in un’oasi di sole,
e rompi il silenzio
complice d’inganno,
restituisci dignità al cielo
ed al mio corpo:
rifammi bambino nel cuore e nell’anima
– come sai fare –
tu che dal tuo utero dài vita.
E fammi fiore
che dai miei petali strappati
non sgorghi più il dolore,
ma finalmente la speranza
di un giorno nuovo,
in cui la libertà di essere
non sia solo orizzonte
ma germoglio di vita vera.
INSEGUENDO LE NUVOLE
Le nuvole passano
dentro ai tuoi occhi,
sono uccelli che tornano
da molto lontano…
o forse stanno ancora partendo
per l’amore che non dice
e sussurrano parole,
nel silenzio.
Le nuvole oggi
mi attraversano il cuore,
sono gocce di pioggia
e di sole cadute
tra le dita bagnate
in fondo al secchio del tempo,
mentre il fiume scorreva
annegandomi i sogni…
Le mie nuvole
le ho succhiate da piccolo
nelle notti in cui avevo paura,
quando il buio
mi entrava dagli occhi
sotto fredde lenzuola di rabbia;
gli aquiloni strappavano il filo come palloncini colorati
e restavo a guardarli volare.
Ora che sono libero
dentro la mia illusione
voglio perdermi ancora, un sacco a pelo e via…
inseguendo le nuvole.
Mi raccolgo le lacrime
e ne intreccio collane:
incantesimi fragili,
perché il cielo è mutevole.
STANOTTE
Stanotte
ho fermato su di me
le tue labbra,
spezzando il lamento
del tempo
in cui fui senza esser chi sono.
Sull’erba
è lievitato di sole
il mio corpo,
l’ampolla si è versata
nel mare
del tuo vivermi dentro, da sempre.
E l’onda
si è infranta sull’orlo
del sogno
-donna, sangue, mio amore-
sgranando
l’eterno proprio fra le mie dita.
Tu stai a me
come l’acqua ad un fiore
come il buio alle stelle,
il canto antico degli avi
che mi nutre le vene.
Mi somigli, mi insegni
il flusso delle maree
-ritmo arcaico del cuore-
l’inverno che non si umilia
e incarna già primavere.
Stanotte
ti ho sentita tremare
nel sonno,
il dolore ha sfoltito le ciglia,
ma il tuo fiato
era culla e rifugio.
Il delirio
dei giorni sprecati
a contare
in silenzio la pioggia
si è dissolto
nel tuo abbraccio caldo
ai confini
di un mondo inviolato.
Ora dormi
mia Atlantide emersa
dal profondo
mistero notturno,
mio miraggio
più vero del vero…
e chiamandoti
imparo il mio nome.
E POESIA FU
Dall’amante tormento
fra le tenebre e aurora
originarono i venti
che impetuosi versarono,
zampillarono stelle
a illuminare la notte.
Il sangue sgorgò
dalle ferite del cielo.
E poesia fu
agli occhi dell’uomo.
SIMBIOSI D’ANIME
Fuso al ventre della Madre
-inscindibile crepa
d’immaturo amore-
sempre andrai cercando
un varco al centro
dell’universo ingrato.
Nuvole dense e pioggia
nei tuoi occhi
incontrati per strada
mentre già tradivo,
Armato di cristallo
crepitando lucciole distanti.
Non erano braccia
nè certezze
Non erano lievi i sogni
nè carezze
Avevo reciso il filo
di tristezza…
Anch’io
prigioniero di un’immagine stranita
Anch’io
perso per sempre nel deserto:
Ferite
aperte tra lacrime nude…
Eppure siamo stretti
uno nell’altra,
pericolanti tracce
del futuro,
sopravissuti allo strappo
più crudele.
Tremante sui sentieri
del tramonto,
attraversando in bilico
i crepacci,
trasparente è ancora
il nostro sguardo.
Sospesi sull’abisso,
franando a perdifiato nell’immenso…
Simbiotica
-d’intreccio indissolubile-
è la nostra
Unica Anima.
UN PALLONCINO COLORATO
Ma chi sono veramente io?
Ha senso cercare di scoprire me stesso?
Inseguire uno spettro senz’anima?
Io troppo piccolo
tra tutta questa gente che popola la terra,
insignificante
rispetto alla grandezza dell’universo.
Un palloncino colorato
sfuggito di mano ad un bambino
che vola sempre più in alto
fino a sembrare un puntino lontano.
Poi
sparisco del tutto
privo d’identità
senza storia.
IL GIARDINO INCANTATO
La bimba dagli occhi assonnati
e con indosso un pigiama bianco,
come sonnambula entra nel giardino incantato
e vede cose mai viste:
statue di cera ed animali parlanti
creature fiabesche e divertenti folletti.
Strane piante ora la spiano
alberi fioriti sussurrano la primavera.
Mille lucciole danzano a festa
bellissime fate muovono bacchette magiche a ritmo di musica
fanciulli fantasmi giocano a girotondo tenendosi per mano.
In fondo a quel giardino fatato
come fosse un regalo per lei
la bimba osserva stupita una vecchia sedia a dondolo.
Si siede felice
chiude i suoi occhietti
e ogni cosa scompare.
FARNETICAZIONE
Ho visto un topo inseguire un gatto
una formica spingere l’elefante
e una gazzella sbranare il leone.
Ho visto anche un nano alto
un bambino vecchio
ed il nero diventare bianco.
Ho visto poi tra fuochi di ghiaccio ed inverni estivi
ciechi vedenti e muti parlanti
lupo e agnello passeggiare insieme.
Ho visto infine il Messia
predicare nel sinedrio e nella sinagoga
di Gerusalemme.
Lo condannarono a morte
con una corona di uva rossa.
Ho raccontato ciò che ho visto
mi hanno internato in un manicomio.
DESIDERIO D’INCONTRARTI
Non ho mai conosciuto amore alcuno
in quest’orrido deserto della mia esistenza.
Solo miraggi inconsistenti e sogni naufragati nel nulla.
Eppure il mio cuore mai domo
anela ancora a te mia sconosciuta compagna
brama il tuo amore come acqua nel deserto.
Se solo potessi trovarti finalmente!
regalarti tutti i miei scritti
accuratamente custoditi sin da bambino,
narrarti con foto e diari la mia storia
di personaggio fuori dal comune eternamente solo.
La mia smarrita anima bambina
ora contesa tra l’amore divino e quello terreno
reclama nel silenzio di un disperato grido senza voce
una sua realizzazione,
una meta da raggiungere.
Sarebbe una rivincita
per tutti i miei fallimenti.
Se solo mi rendessi conto
che tu non puoi esistere
per colpa del mio io troppo particolare,
forse me ne farei una ragione
rassegnandomi.
Soltanto Dio, se vuole, leggendo le nostre menti
può incrociare il tuo sentiero col mio,
annullando qualunque distanza
ogni segreto.
Nel desiderio d’incontrarti
che dura ormai da tutta una vita,
in un’età in cui forse non è più lecito sognare,
un po’ ridendo e un po’ piangendo
rimango ancora quell’adolescente
in attesa e primo amore.